Cari fratelli e sorelle, in questo periodo, in cui stiamo vivendo il mistero
della Pasqua, vi scrivo con il desiderio di offrirvi alcune riflessioni che sono nate in me dopo la Visita pastorale del nostro Arcivescovo, preceduta dagli incontri con il Vicario episcopale nella nostra Comunità Pastorale.
Lo farò ‘a puntate’, settimanalmente, attraverso il nostro Notiziario Pietre vive, fino a giungere alla grande solennità di Pentecoste, la festa della Chiesa che esplode nella missione, rivolta a tutte le genti.
Credo sia realistico interrogarci sul come rispondere, da credenti, alla secolarizzazione crescente, talvolta così ambigua, che spesso si serve dei segni religiosi, svuotandoli del loro importante significato.
Come non interrogarci sulla fatica delle nostre famiglie e della nostre comunità nel trasmettere la fede, in particolare alle nuove generazioni?
Ascoltando e riflettendo, mi sembra che la risposta possa essere trovata in questa profonda espressione : occorre ripartire dalla Pasqua di Cristo, dalla sua Croce.
«Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, ma non discepoli del Signore. Io vorrei che tutti abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti» (FRANCESCO, OMELIA NELLA S. MESSA CON I CARDINALI, CAPPELLA SISTINA, 14 MARZO 2013).
Ai piedi della croce sempre rinasce la Chiesa di Cristo.
Il primo costruttore della Chiesa è il Signore: per questo non contiamo su di noi, ma su di Lui, lasciandoci afferrare da Lui e donandoci ai fratelli senza condizioni.
Stare ai piedi della croce vuol dire ‘preghiera e fede’; vuol dire vita cristiana autentica e semplice, (senza apparati o apparenze), ascolto della Parola e fiducia nella grazia, infine, vuol dire investimento di speranza nel futuro di Dio che si traduce nell’impegno formativo e nella testimonianza dell’annuncio e delle opere di misericordia. Stare ai piedi della croce di Gesù vuol dire che solo la vita santa di pastori e fedeli, sacerdoti e famiglie, laici e consacrate potrà dare nuova linfa e slancio missionario alla nostra comunità.
Senza santità di vita tutte le strategie e i programmi, pur necessari, resteranno inefficaci.
Quale futuro per la nostra Comunità Pastorale con le sue parrocchie?
Basterà dire che, rispetto ad altre situazioni, la nostra comunità può stare tranquilla perché le chiese sono ancora piene?
Si può essere Chiesa senza la preoccupazione di “uscire” per annunciare il Vangelo a coloro che ancora non lo conoscono?
Può avere senso una Chiesa che vive l’Eucaristia senza sentire una forte spinta missionaria?
TRASMETTERE IL VANGELO
La vita cristiana è semplice e bella, fatta fondamentalmente dell’incontro con Cristo al di là di tutte le appartenenze e le strutture umane. Il suo futuro non dipende dall’organizzazione, ma dal nostro vivere e testimoniare l’amore misericordioso di Gesù.
L’organizzazione ecclesiale è al servizio della vita cristiana e dell’annuncio del Vangelo.
Ognuna delle nostre parrocchie ha una storia antica, radicata nel cuore e nella vita delle persone. Ogni parrocchia ha la sua identità ed è portatrice di sane tradizioni e di numerose opere. Questa realtà è bella e va rispettata, nella consapevolezza però che una comunità non è viva per ciò che è stata o che ha fatto, ma per quanto oggi è e cerca di sperimentare la Parola di Gesù. Quando le opere diventano ricordi, le tradizioni si riducono a stanche ripetizioni o si secolarizzano, quando le celebrazioni non riscaldano il cuore, tutto l’organismo ecclesiale è nel declino e rischia la morte.
Anche il ministero sacerdotale non può essere solo un elemento di continuità con il passato.
Il sacerdote è in mezzo ai fedeli per dire e ridire la bellezza del nome di Gesù, per invocarlo sulla vita delle persone e delle famiglie, per animare una comunità che crede e vive il Vangelo, che accoglie le persone, che annunzia e testimonia l’amore di Dio a tutti, in particolare ai più piccoli e ai più poveri.
La Comunità pastorale, nelle sue mille sfaccettature, diventa la presenza della Chiesa più immediatamente efficace e vicina alla gente. Questa presenza, per essere evangelicamente significativa, deve esprimere ciò che le è proprio: essere una comunità in cui i fedeli crescono nella fede, cioè nel rapporto con Dio, vivono la carità nel servizio quotidiano agli altri e nell’animazione cristiana della società e della cultura e trasmettono il Vangelo perché diventi fuoco vivo di speranza per le nuove generazioni.
Solo così la comunità può essere luce che brilla per chi vuole davvero seguire Cristo, per chi è alla ricerca di Dio, per chi ha bisogno di fraterna solidarietà.
Dobbiamo riconoscere che la Comunità pastorale, indicataci dai nostri Arcivescovi, intesa come comunione e collaborazione tra le nostre parrocchie, oggi, rappresenta una vera e propria necessità, una stupenda opportunità da valorizzare. Solo unendo le forze e camminando insieme possiamo ridarci respiro ed entusiasmo.
Nella odierna situazione, poi, i sacerdoti non possono più essere i soli attori della pastorale dal momento che il clero sta diminuendo, fenomeno che in futuro sarà sempre più frequente e preoccupante, così che non potrà arrivare sempre e dappertutto.
Di qui l’importanza degli Operatori pastorali, dei fedeli laici che, in comunione con la Diaconia e il Consiglio pastorale, si dovranno rendere disponibili per animare ed assumere le responsabilità in ordine alla Liturgia, alla Catechesi, alla Carità, agli Oratori, agli anziani, agli ammalati, alla famiglia, ai giovani, alla Cultura. In questo prezioso servizio si potrà evidenziare il valore del carisma delle persone consacrate accanto all’impegno dei laici e delle famiglie. Qui potranno dare un contributo decisivo anche le Associazioni e i Movimenti ecclesiali a partire dallo specifico carisma che li caratterizza e che la Chiesa con gioia riconosce ed accoglie.
COME I PRIMI CRISTIANI
Dobbiamo rendere grazie a tutte le persone che già lavorano nella pastorale ed esprimere gratitudine per quelle in atto.
La Visita pastorale domandava espressamente di compiere un reale e sincero confronto con la vita della prima comunità cristiana espressa nel libro degli Atti degli Apostoli, in riferimento ai quattro pilastri portanti di ogni comunità cristiana.
1. «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli…» per educarsi al pensiero di Cristo. Mettere al centro la Parola di Dio e la parola del Magistero della Chiesa
2. «… e nella comunione…»: la tensione a condividere con tutti i fratelli la propria esistenza perché abbiamo in comune Cristo stesso. La comunione che scaturisce dalla vita della Trinità è quindi l’a priori necessario dell’esistenza cristiana, sorgente inesauribile di una stima previa, sempre e verso tutti.
3. «… nello spezzare il pane e nelle preghiere…»: l’Eucaristia è la modalità sacramentale con cui Cristo ha voluto essere nostro contemporaneo. Essa rende possibile, per opera dello Spirito, il vivere in Lui, per Lui, di Lui.
4. «… il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati»: la missione della Chiesa è la testimonianza che lascia trasparire l’attrattiva di Gesù, è l’urgenza perché tutti siano salvati.
LAVORIAMO INSIEME CON PAZIENZA E FIDUCIA
Ognuno di noi è sentitamente invitato ad offrire il proprio contributo in questo cammino, senza paura, con gioia e viva speranza, tutti, sacerdoti e famiglie, laici e consacrate, giovani e adulti, bambini, persone sole, anziani, ammalati. Ma chi può darci la forza e l’entusiasmo necessari?
«Nel Vangelo sentiamo la risposta: Cristo. «Questo è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Gesù ci porta Dio e ci porta a Dio, con Lui tutta la nostra vita si trasforma, si rinnova e noi possiamo guardare la realtà con occhi nuovi, dal punto di vista di Gesù, con i suoi stessi occhi. Per questo oggi dico a ciascuno di voi: “metti Cristo” nella tua vita e troverai un amico di cui fidarti sempre; “metti Cristo” e vedrai crescere le ali della speranza per percorrere con gioia la via del futuro; “metti Cristo” e la tua vita sarà piena del suo amore, sarà una vita feconda, una vita che dona vita agli altri!» (FRANCESCO, RIO DE JANEIRO 25 LUGLIO 2013).
Ciò che rimane decisivo è l’incontro con Cristo e la nostra vita in Lui.
Da qui scaturisce la missione, il desiderio che tutti, proprio tutti, possano conoscere Lui e la potenza della sua risurrezione. È Lui che ci manda, è Lui che ci accompagna, come ci ricorda papa Francesco: «Non avere paura!. Quando andiamo ad annunciare Cristo, è Lui stesso che ci precede e ci guida. Nell’inviare i suoi discepoli in missione, ha promesso: «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20). E questo è vero anche per noi! Gesù non lascia mai solo nessuno! Ci accompagna sempre.
Gesù poi non ha detto: “Va’”, ma “Andate”: siamo inviati insieme. Sentite la compagnia dell’intera Chiesa e anche la comunione dei Santi in questa missione. Quando affrontiamo insieme le sfide, allora siamo forti, scopriamo risorse che non sapevamo di avere. Gesù non ha chiamato gli Apostoli perché vivessero isolati, li ha chiamati per formare un gruppo, una comunità» (FRANCESCO, RIO DE JANEIRO 28 LUGLIO 2013).
A conclusione di questa mia lettera vi ringrazio, prego per voi e auguro a tutti di camminare dietro a Cristo, insieme, come Chiesa.
In comunione.
Giussano, 15 maggio 2016
Solennità di Pentecoste
Allegato: pentecoste-2016-ripartiamo-dalla-pasqua-di-cristo_0